di Claudio Guccione
Premessa sull’inquadramento normativo e la sua evoluzione
Alla luce dell’ordinanza del Consiglio di Stato del 9 aprile 2020, n. 2331 è tornato di particolare attualità il tema, più volte discusso, circa la possibilità per il progettista indicato in sede di offerta, delle cui capacità il concorrente intenda avvalersi, di ricorrere a sua volta all’istituto dell’avvalimento. Sulla questione che, come a breve si vedrà, è stata oggetto di plurime pronunce giurisprudenziali e di ordinanze di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, il Consiglio di Stato ha, da ultimo, ritenuto opportuno invocare l’intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria.
La fattispecie in discussione si riferisce al caso dell’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione delle opere e, quindi, in primis, al cd. appalto integrato, in cui il concorrente decida di avvalersi di un progettista esterno al fine di dimostrare il possesso dei requisiti relativi alla prestazione progettuale.
Se si pensa alla travagliata ed ondivaga questione circa la sopravvivenza nel nostro ordinamento dell’istituto dell’appalto integrato, confermata da ultimo, al ricorrere di determinate condizioni, dal decreto ‘Sblocca Cantieri’ e dalla sua legge di conversione n. 55/2019, il vigente assetto del quadro normativo di riferimento rende il dibattito ancora attuale e di sicura utilità pratica. In particolare, infatti, sebbene il nuovo Codice dei contratti pubblici del 2016 avesse inizialmente sancito, in via generale, il divieto di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, stabilendo tramite l’art. 59 del D.Lgs. n. 50/2016 che “gli appalti relativi ai lavori sono affidati, ponendo a base di gara il progetto esecutivo”, con il decreto correttivo D.Lgs. n. 56/2017 era stata introdotta una prima eccezione nel caso di netta prevalenza dell’elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell’appalto rispetto all’importo complessivo dei lavori (cfr. art. 59, comma 1-bis). Inoltre, la valenza del suddetto divieto era stata ulteriormente scalfita, sempre ad opera del decreto correttivo, anche limitandone la portata temporale: tramite il comma 4-bis dell’art. 216 del D.Lgs. n. 50/2016, infatti, si era precisato che l’art. 59 non avrebbe trovato applicazione per le opere i cui progetti definitivi risultassero approvati dall’organo competente alla data di entrata in vigore del Codice, con pubblicazione del bando entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del correttivo del 2017. Successivamente, sulla scia di questa impostazione, anche il decreto ‘Sblocca Cantieri’, a titolo sperimentale e con l’obiettivo di rilanciare gli investimenti pubblici, ha sospeso fino al 31 dicembre 2020 la disposizione nella parte in cui “resta vietato il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori” (cfr. art. 1, lett. b del D.L. n. 32/2019). Infine, la norma in esame è stata integrata, per quanto maggiormente interessa in questa sede, dalla precisazione secondo cui i requisiti minimi per lo svolgimento della progettazione, da stabilirsi obbligatoriamente nei documenti di gara, per le imprese attestate per la sola costruzione devono essere posseduti attraverso un progettista raggruppato o indicato in sede di offerta.
Quest’ultima prescrizione richiama quanto già a suo tempo stabilito dalla normativa di riferimento nel previgente Codice del 2006 -dove certamente il ricorso al cd. appalto integrato era maggiormente consentito- e, in particolare, dall’art. 53, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006, a norma del quale “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione”.
In altri termini, nei casi in cui l’affidamento oggetto della gara preveda anche la progettazione, il concorrente deve possedere in proprio i requisiti prescritti per i progettisti ovvero ricorrere all’istituto del progettista indicato per servirsi di professionalità esterne, da indicare in sede di offerta. Ecco dunque che, già nella vigenza del precedente Codice, la giurisprudenza e la dottrina hanno iniziato ad interrogarsi sulla legittimità o meno dell’utilizzo dell’avvalimento anche da parte del progettista indicato.
Orientamenti sulla legittimità o meno per il progettista indicato di ricorrere a sua volta all’avvalimento
La giurisprudenza maggioritaria e l’autorità di Vigilanza sono da sempre orientate nel senso di escludere che il progettista indicato in sede di offerta possa qualificarsi mediante ricorso all’istituto dell’avvalimento.
Tale conclusione si fonda anzitutto sulla motivazione secondo cui il progettista indicato rappresenterebbe un mero collaboratore esterno al quale sarebbe quindi precluso il ricorso all’avvalimento, riservato esclusivamente ai soggetti che rivestono la qualità di concorrenti nella gara. Del resto, altrimenti ragionando, si priverebbe di qualsivoglia garanzia la stazione appaltante, la quale, con tutta evidenza, non ha rapporti diretti con i progettisti indicati e, a maggior ragione, non ne avrebbe con eventuali ausiliari degli stessi. Difatti, solo il concorrente assume obblighi contrattuali con la pubblica amministrazione appaltante e la responsabilità solidale, che è garanzia di buona esecuzione dell’appalto, è assunta dall’ausiliario solo in quanto contrattualmente collegato al concorrente in gara. Senza contare che dall’art. 53, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006 si evince che il progettista qualificato vada solamente indicato, senza necessità di produrre anche quelle dichiarazioni che l’art. 49 generalmente impone all’impresa ausiliaria o all’impresa partecipante ausiliata (cfr. ex multis, C.d.S., Sez. III, sent. 7.3.2014, n. 1072; Sez. IV, sent. 24.5.2013, n. 2832; ex AVCP, dett. 2/2012 e 4/2012).
Inoltre, anche a voler astrattamente ammettere soggetti diversi dai concorrenti all’avvalimento, il divieto per il progettista si giustificherebbe in ogni caso quale precipitato del divieto di avvalimento a cascata di cui al comma 6 dell’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016, a norma del quale “L’ausiliario non può avvalersi a sua volta di altro soggetto”. Si avrebbe in sostanza una catena di avvalimenti di “ausiliari dell’ausiliario” che, in primo luogo, indebolisce ancor di più il rapporto diretto con l’amministrazione appaltante e, dall’altra parte, rappresenta un ostacolo a un agevole controllo sul possesso dei requisiti dei partecipanti (cfr. C.d.S., Sez. III, sent. 1.10.2012, n. 5161).
Nella stessa prospettiva, la giurisprudenza ha infine affermato che l’avvalimento rappresenta già una deroga rispetto al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara e, pertanto, deve essere permesso soltanto in ipotesi rigorosamente delineate (cfr. C.d.S., Sez. V, sent. 13.3.2014, n. 1251).
Nel panorama giurisprudenziale nazionale, oltre alla sentenza del tar Friuli Venezia Giulia n.18/2013, all’origine della controversa ora rimessa dal Consiglio di Stato alla Adunanza Plenaria, è rinvenibile un’altra pronuncia in contrasto rispetto all’orientamento maggioritario appena descritto, vale a dire la sentenza del Consiglio di Stato n. 4929 del 2.10.2014 di cui meglio si dirà nel prosieguo, che si fonda sul richiamo alla sentenza della CGUE del 10 ottobre 2013, C-94/2012 la quale, secondo l’interpretazione fornita, avrebbe legittimato tutti gli operatori economici – e non solo i concorrenti – a ricorrere all’avvalimento per dimostrare il possesso dei requisiti in sede di gara.
Proprio sulla base di questa lettura della sentenza della CGUE, a fronte invece di un orientamento nazionale pressoché compatto nel senso dell’illegittimità del ricorso all’avvalimento da parte del progettista indicato, già nella vigenza del previgente Codice e dunque con riferimento al sopracitato art. 53, comma 3 del D.Lgs. n. 163/2006 sul progettista indicato e all’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 sull’avvalimento, la questione in esame è stata più volte rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Difatti, per prima l’ordinanza del 4.6.2015, n. 2737 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha proposto il quesito “se sia compatibile con l’art. 48 direttiva CE 31 marzo 2004, n. 18 una norma come quella di cui al già analizzato art. 53, comma 3, d.lgs. 16 aprile 2006, n. 163, che ammette alla partecipazione un’impresa con un progettista “indicato”, il quale, secondo la giurisprudenza nazionale, non essendo concorrente, non potrebbe ricorrere all’istituto dell’avvalimento”. In seguito, la questione è stata riproposta nei medesimi termini, sempre ad opera della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, anche tramite le ordinanze di rimessione n. 636 del 17.2.2016 e n. 4982 del 30.10.2017. Tuttavia, in tutti e tre i casi la Corte di Giustizia non è potuta addivenire ad una pronuncia nel merito, essendo state le cause cancellate dal ruolo ovvero dichiarate manifestatamente irricevibili.
La rimessione della questione all’Adunanza Plenaria
Come anticipato, il tema della legittimità o meno del ricorso all’avvalimento da parte del progettista indicato è tornato ad essere di particolare attualità alla luce della recente ordinanza del Consiglio di Stato n. 2331 del 9 aprile 2020 di rimessione all’Adunanza Plenaria.
La fattispecie sottesa al caso in esame concerneva una procedura di gara per l’affidamento della realizzazione di una centrale per il teleriscaldamento alimentata a biomasse, nella quale parte ricorrente lamentava la mancata esclusione del RTI aggiudicatario per essersi avvalso di un progettista privo dei requisiti richiesti per l’accesso alla competizione. A sua volta la parte resistente proponeva ricorso incidentale e replicava alle censure formulate evidenziando la legittimità della facoltà anche per il progettista indicato di ricorrere all’avvalimento al fine di dimostrare il possesso dei requisiti in quanto soggetto esecutore delle prestazioni poste in gara.
Mentre il Tribunale amministrativo per il Friuli Venezia Giulia, adito in primo grado, con sentenza n. 18 dell’11.1.2013 aveva accolto quest’ultima tesi, limitandosi a ritenere che in base ai principi comunitari (artt. 47 e 48, Dir. 2004/18/CE) e nazionali (art. 49, D.Lgs. n. 163/06) dell’istituto dell’avvalimento potessero avvalersi anche i progettisti indicati, il Consiglio di Stato non ha potuto ignorare che siffatta conclusione si poneva in netto contrasto rispetto all’orientamento giurisprudenziale maggioritario e consolidato.
L’iter per addivenire alla decisione sull’appello è stato lungo e travagliato dato che il giudizio è stato più volte sospeso in attesa di una statuizione sul tema da parte della CGUE, invocata tramite le plurime ordinanze di rimessione sopra ricordate. In conseguenza all’infruttuoso esito di tali giudizi, dunque, i Giudici di Palazzo Spada, dopo aver dato atto della citata sentenza n. 4929/2014 quale unico precedente concorde rispetto alla sentenza del Tar FVG gravata nel caso di specie, hanno concluso per la necessità di invocare l’intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria.
Conclusioni
Dall’esito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria non ci si attendono grandi sorprese, tuttavia l’intervento della stessa si dimostrerà fondamentale al fine di dirimere definitivamente la questione ed imporre un orientamento unitario a tutti gli operatori del sistema sul tema dell’avvalimento da parte del progettista indicato.
A parere di chi scrive l’epilogo pare abbastanza scontato perché i singoli e isolati precedenti giurisprudenziali espressi dalle sentenze del TAR FVG n. 18/2013 e del C.d.S. n. 4929/2014 non paiono fondarsi su motivi così solidi da poter superare il contrario e consolidato orientamento maggioritario. Già rilevata la limitata motivazione espressa dal Collegio del Friuli Venezia Giulia, con riferimento al caso del Consiglio di Stato n. 4929/2014 preme solo evidenziare che lo stesso dichiara di fondarsi sulla pronuncia della Corte di Giustizia del 10.10.2013, C-94/2012, attribuendole il merito di aver chiarito che l’avvalimento si applicherebbe non ai soli “concorrenti”, ma a tutti gli “operatori economici” tenuti a qualsiasi titolo a dimostrare i requisiti in sede di gara. Tuttavia, tale approdo desta alcune perplessità anzitutto poiché la sentenza della CGUE in questione si occupa del diverso tema dell’avvalimento plurimo e frazionato -fattispecie ben diversa da quella considerata dal Consiglio di Stato- e, in secondo luogo, poiché l’interpretazione fornita della nozione di “operatori economici” non sembra trovare alcun riscontro nella direttiva 2004/18/UE.
D’altra parte, la stessa impostazione dell’art. 53, comma 3 del D.Lgs. n. 163/2006 di riferimento sul tema pare già offrire le uniche alternative percorribili per una impresa che voglia partecipare a gare che, oltre all’esecuzione, abbiano per oggetto anche la progettazione: i requisiti o si possiedono in proprio o avvalendosi di un progettista esterno o partecipando alla gara in RTI con soggetti qualificati. Solo in quest’ultimo caso di inclusione di un progettista nel proprio raggruppamento sarà consentito al RTI concorrente di ricorrere all’istituto dell’avvalimento, ma non anche nel caso in cui si scelga a monte di avvalersi di una forma di collaborazione esterna. Altrimenti ragionando, infatti, si priverebbe la figura del progettista indicato dell’unica ratio e dell’unico scopo al quale è preposto, vale a dire dimostrare i requisiti dei quali il concorrente sia carente.
Si resta dunque in attesa del pronunciamento dell’Adunanza Plenaria.
OSSERVATORIO NORMATIVO
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
-Decreto del 25 marzo 2020, recante: “Differenze percentuali tra tasso d’inflazione reale e tasso d’inflazione programmato per l’anno 2019”, pubblicata in GU, Serie Generale n. 91 del 6.4.2020;
-Decreto del 28 gennaio 2020, n. 24, Regolamento recante: “Statuto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, denominata “ANSFISA”, pubblicata in GU, Serie Generale n. 100 del 16.4.2020;
-Decreto del 13 febbraio 2020, n. 25, Regolamento di amministrazione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, denominata “ANSFISA”, pubblicata in GU, Serie Generale n. 100 del 16.4.2020;
-Delibera del 10 aprile 2020, recante: “Disposizioni relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell’anno 2019”, (Delibera n. 1/2020) pubblicata in GU, Serie Generale n. 100 del 16.4.2020;
AUTORITA’ DI REGOLAZIONE E DEI TRASPORTI:
-Delibera del 9 aprile 2020, recante “Approvazione del rendiconto finanziario 2019” (Delibera n. 81/2020), pubblicata in GU, Serie Generale n. 106 del 23.4.2020.