Il Consiglio di Stato disapplica la disposizione sul limite alla quota parte subappaltabile (Cons. Stato, sez. V, n. 8101/2020)

In linea di continuità  con l’orientamento anche di recente ribadito dalla Corte di Giustizia, il Consiglio di Stato (sentenza n. 8101 del 17 dicembre 2020), conferma la necessità di procedere con la disapplicazione del diritto nazionale sui limiti quantitativi al subappalto.

La generale previsione (art. 105, comma 2, d.lgs. n. 50/2016) di un tetto massimo della quota parte subappaltabile pari al 30% dell’importo complessivo del contratto – aumentata alla misura del 40% in via transitoria e per l’effetto del decreto “sblocca cantieri” e della sua legge di conversione L. 55/2019 – non può, ad oggi, più trovare applicazione, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nelle note sentenze Vitali C-63/18 del 26 settembre 2019 e Tedeschi C-402/18 del 27 novembre 2019.

È questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato, espressamente richiamando un proprio precedente che, per primo, aveva rilevato come il limite al subappalto “(30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, …) deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea” (cfr. C.d.S., Sez. V, sent. 16 gennaio 2020, n. 389).

È stato così respinto, con riferimento al caso esaminato nella fattispecie, il motivo di censura con cui la società ricorrente, seconda classificata in una procedura di gara per la concessione del servizio di ristorazione a basso impatto ambientale per mense scolastiche e centri diurni, lamentava il superamento da parte dell’aggiudicataria del limite quantitativo previsto per il subappalto.

Come noto, tale limite imposto in via preventiva e generalizzata rappresenta una peculiarità tutta italiana che risponde a specifiche esigenze di ordine pubblico interno, ma che non trova espressa “copertura” a livello europeo, creando una asimmetria tra le discipline che è stata, pertanto, oggetto di plurime censure sia da parte della Commissione europea (cfr. procedura di infrazione n. 2018/2273) sia, come detto, della giurisprudenza della Corte di Giustizia.

L’impostazione scelta dal Legislatore italiano è stata giudicata, in particolare, in contrasto con il principio di proporzionalità: l’apposizione di un limite generale ed incondizionato al subappalto, secondo il giudice europeo, eccede quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo, impedisce una modulazione caso per caso e sacrifica eccessivamente i principi di cui l’UE si fa promotrice di libera concorrenza, partecipazione delle PMI e flessibilità nell’esecuzione dei contratti.

 

Si rammenti che l’adattamento della giurisprudenza interna alle citate pronunce non è stato del tutto lineare: a fronte di un orientamento maggioritario che ha ritenuto, come nel caso di specie, di disapplicare in toto la limitazione al subappalto, in quanto contraria al diritto europeo, a prescindere dalla sua consistenza quantitativa (cfr. C.d.S., Sez. VI, sent. n. 4832/2020; Sez. V, sent. n. 389/2020; TAR Firenze, sent. n. 706/2020; TAR Aosta, sent. n. 34/2020; TAR Puglia, sent. n. 1938/2019), non sono mancate pronunce, in particolare del TAR Lazio, che hanno invece ritenuto legittimo – in quanto proporzionato – l’attuale limite innalzato al 40% (TAR Roma, Sez. I, sentt. n. 4183/2020 e n. 11304/2020) e riconosciuta la discrezionalità della stazione appaltante nell’individuazione di limiti ulteriori nella legge di gara (TAR Roma, sent. 13527/2020).

Pertanto, in ragione delle contrapposte posizioni giurisprudenziali sviluppatisi sul punto, un intervento urgente sulla normativa appare ormai ineludibile per evitare dubbi interpretativi e incertezze applicative su un tema tanto delicato quanto il subappalto. In questa prospettiva, il recente decreto semplificazione (d.l. n. 76/2020 convertito in l. n. 120/2020) appare una (ulteriore) occasione perduta.