Sono inammissibili le censure giudiziali che collidono con il contegno tenuto dal ricorrente in sede procedimentale

A cura di Dott.ssa Marta Vitrini

Con sentenza n. 5295/2025, il Tar Lazio ha affermato l’inammissibilità dei motivi di ricorso che dimostrino l’illegittimità della situazione soggettiva vantata dal ricorrente. Invero, una simile impugnativa risulta lesiva del generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva, divieto al quale devono orientarsi non solo le condotte sostanziali, ma anche le condotte processuali di esercizio del diritto, in modo tale da evitare che il ricorrente si avvalga della tutela giurisdizionale al fine di ottenere la protezione di un interesse sostanzialmente illegittimo.

I fatti

Consip S.p.A. indiceva una procedura aperta per l’affidamento di un accordo quadro avente ad oggetto i servizi di pulizia e sanificazione per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, suddividendo la gara in n. 4 lotti. In data 22/10/2024 la stazione appaltante disponeva l’aggiudicazione in favore degli operatori economici Dussmann Service S.r.l., RTI Samsic Italia S.p.A. – GSI S.r.l., RTI Romeo Gestioni S.p.A. – C.M. Service S.r.l., CICLAT Soc. Cons. Coop. Stabile, classificatisi ai primi 4 posti in graduatoria.

La vicenda contenziosa

La società Markas S.r.l., posizionatasi al quinto posto, proponeva ricorso innanzi al Tar Lazio deducendo, in particolare, l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta in favore delle prime due classificate, Dussmann Service s.r.l. e il RTI Samsic Italia S.p.A. – GSI S.r.l, per aver entrambe presentato offerte incongrue. Invero, secondo la ricorrente, le offerte recavano un numero di ore insufficiente ad eseguire le prestazioni, sopravvalutando consapevolmente la ‘resa’ produttiva del singolo operaio.

La pronuncia del TAR Lazio

Il TAR Lazio ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto, da un lato, il Capitolato di Gara non prevedeva alcun obbligo di indicare nell’offerta un monte orario minimo per lo svolgimento dei servizi di pulizia e sanificazione, dall’altro lato, il costo della manodopera complessivo di Dussmann e di Samsic risultava superiore a quello indicato dalla stessa stazione appaltante. Di conseguenza, ad avviso del Collegio, la ricorrente avrebbe dovuto impugnare sia la mancata previsione di un monte orario minimo nel Capitolato di gara, sia la stima del costo della manodopera formulata, giacché, stando al ragionamento seguito nel ricorso, sarebbe stata la stessa Consip, in sede di regolazione della gara, a formulare una stima sostanzialmente impeditiva di presentare un’offerta seria e realizzabile.

In ogni caso, il Tar Lazio ha dichiarato altresì l’inammissibilità del ricorso sotto il diverso e ulteriore profilo della violazione del divieto del “nemo potest venire contra factum proprium”: invero, anche la ricorrente, per sua stessa ammissione, si era discostata dai valori limite dalla stessa indicati ai fini della verifica della congruità della resa di cui alle offerte altrui.

Nello specifico, il Collegio ha affermato che il divieto di abuso del processo, precipitato del più generale divieto di abuso del diritto e della clausola di buona fede, impedisce al ricorrente di dedurre “un motivo di impugnazione che dimostrerebbe in primo luogo l’illegittimità della situazione soggettiva vantata in giudizio dal ricorrente: poiché una simile impugnativa viola il generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva, che, ai sensi dell’art. 2 Cost. e dell’art. 1175 c.c., permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto, deve escludersi che il ricorrente possa venire contra factum proprium per ragioni meramente opportunistiche e che la tutela giurisdizionale venga in tal modo strumentalizzata per la protezione di un interesse sostanzialmente illegittimo”, cosicché “in ipotesi siffatte, l’iniziativa processuale della ricorrente si concreta in un esercizio dell’azione in forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela attribuita dall’ordinamento, in quanto le tesi giudiziali della ricorrente espresse nelle censure formulate collidono con il contegno dalla medesima tenuto in sede procedimentale, evidenziando una condotta contraddittoria e contraria a buona fede; dal che l’abuso dei mezzi processuali con la conseguente pronuncia di inammissibilità del gravame”.

 

Di seguito il link per la consultazione della Sentenza:

TAR Roma, sez. II, 13 marzo 2025, n. 5295