Nell’ambito di una procedura di project financing ad iniziativa privata, è obbligo dell’amministrazione adottare una determinazione espressa sulla fattibilità della proposta entro il termine perentorio di tre mesi, che non può in alcun modo essere aggirato qualificando quale nuova proposta le mere integrazioni presentante dal promotore su richiesta della PA stessa. Sono questi i principi affermati dal TAR Milano con la recente sentenza n. 1083 del 17 giugno 2020.
La fattispecie concreta riguardava la proposta avanzata da una società cooperativa per la progettazione, la realizzazione e la gestione, in regime di concessione, di un intervento di riqualificazione di un centro diurno disabili presso il Comune di Como. Sebbene il termine di tre mesi previsto dal comma 15 dell’art. 183 del d.lgs. n. 50/2016 fosse già abbondantemente trascorso, l’amministrazione ometteva di esprimersi sulla rispondenza o meno del progetto presentato all’interesse pubblico, richiedendo piuttosto alla società proponente di apportare integrazioni alla proposta. Tuttavia, le modifiche e integrazioni medio tempore richieste venivano qualificate dall’amministrazione quale proposta innovativa, comportando la decorrenza ex novo del termine trimestrale per la valutazione della fattibilità.
Avverso un siffatto operato dell’amministrazione è dunque insorto il privato proponente innanzi al TAR Milano, che con la sentenza qui segnalata (n. 1083/2020), resa peraltro in forma semplificata, ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato sulla proposta presentata e condannato l’amministrazione resistente a provvedere.
In particolare, dopo aver ribadito il carattere di perentorietà del termine stabilito ai fini dell’adempimento in parola, il TAR ha qualificato la delibera adottata come meramente istruttoria e priva di qualsiasi contenuto conclusivo della procedura. Seppur la richiesta di integrazioni sia prevista dalla norma di riferimento, a fronte della ricezione delle modifiche incombe sull’amministrazione un preciso obbligo di adottare una determinazione espressa sulla fattibilità della proposta, senza poter “riaprire” il termine di tre mesi dalla ricezione delle integrazioni chieste, altrimenti innescando un meccanismo dilatatorio a fronte del quale il proponente perde ogni certezza sui tempi dell’azione amministrativa.
In conclusione, ben può l’amministrazione richiedere chiarimenti ed integrazioni al progetto al fine di valutare la corrispondenza dello stesso all’interesse pubblico, dovendo, tuttavia, una volta ricevuti i riscontri, necessariamente assumere una determinazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla presentazione della proposta, tenendo tutt’al più sospesa la decorrenza del termine per il periodo necessario all’acquisizione delle integrazioni da parte del privato.